MI AMI 2024: 18 anni e non sentirli, nel bene e nel male

Si è chiusa l’edizione 2024 del MI AMI, il festival della musica bella e dei baci, giunto alla sua 18esima edizione.

Il festival milanese storicamente dà il via di fatto alla stagione live all’aperto, nonostante la pioggia che ha caratterizzato la prima sera. (si, la prima sera era giovedì con i CCCP al Carroponte, ma essendo un’altra location e un altro biglietto non ne terremo conto, ok?)

Ovviamente impossibile vedere tutti i gruppi che si sono esibiti sui 5 palchi del Magnolia nei 3 giorni del festival, ma una delle cose che sicuramente colpisce sempre del MI AMI è vedere la gente muoversi tra i vari palchi alla ricerca del proprio artista preferito o di quello che gli genera maggiore curiosità, a dimostrazione di quanto i palchi “secondari” (de facto, non essendoci un main stage dichiarato) non siano solo un riempitivo ma una reale alternativa a quello principale.

Principio confermato dai Tre Allegri Ragazzi Morti che hanno ripercorso i loro primi 30 anni di carriera lungo le tre serate del festival con altrettanti live, uno per decade, su altrettanti palchi diversi. Un evento nell’evento, dove anche il look e la scenografia di ciascuna serata hanno ricreato l’atmosfera di ciascun periodo. Menzione speciale per la lezione di Qi Gong di domenica sera, durata più di quanto lo stesso Toffolo di aspettasse.

Altro evento speciale la prima con la band di Bello Figo il cui strascico di “Francesco Totti” ancora risuona probabilmente dalle parti dell’Idroscalo. Nel suo trash poteva essere il momento clou del festival, poi domenica Sibode DJ, all’ultimo live, ha stravolto le carte in tavola con un pezzo che “non conoscete ma sarà il vostro preferito”. Detto, fatto: game, set, match.

Sempre da domenica ci portiamo due nomi da tenere d’occhio. Il primo è quello dei Jagwari, band uscita con il suo primo lavoro lo scorso autunno e con un nuovo EP proprio un paio di settimane prima del MI AMI ai quali l’attitudine live della band regala un abito decisamente più accattivante.
Il secondo è quello di HÅN, un nome non nuovo nonostante l’età, ma che potrebbe avere tutte le carte in regola per diventare il prossimo nome a fare il grande salto dal MI AMI al mainstream.

In agenda ci segniamo anche di fare attenzione a Whitemary e al suo album di prossima uscita suonato in anteprima al Magnolia: il primo ascolto ci ha catturato, quindi appuntamento con lei al prossimo autunno per confermare l’impressione avuta dal vivo.

Curiosità invece decisamente soddisfatta in modo positivo dai Phoenix e da Lucio Corsi, sicuramente due nomi non emergenti (soprattutto quello della band francese) ma che al nostro primo “incontro” dal vivo hanno lasciato senza dubbio la voglia di un secondo appuntamento.

Non ci soffermeremo invece sui nomi che aspettavamo e che non hanno deluso le attese: come sempre siamo rimasti stregati da Venerus, ci siamo fatti coinvolgere dai Selton, abbiamo fatto sentire la nostra voce con Willie Peyote e concordato con i Ministri che “la musica a Milano è meglio all’Idroscalo”.

Tutto perfetto quindi? Beh, no.
Intanto se da un lato la varietà dei nomi permette di avere più palchi interessanti, dall’altra la scelta di non fare palchi “di genere” comporta spesso scelte difficili su chi scegliere di ascoltare e conseguenti rinunce anche importanti, con buona pace degli eventi “da non perdere” segnalati dai canali ufficali del festival dato che spesso erano questi stessi a sovrapporsi.

In secondo luogo i prezzi. Folli quelli per entrare oltre la 1, decisamente poco “indie” quelli di normale accesso e delle consumazioni all’interno. Ok, l’abbonamento (soprattutto se acquistato in anticipo) permetteva un discreto risparmio, ma il paragone del singolo giorno con festival rock con importanti nomi internazionali è impietoso. E visti i prezzi del super Early Bird alla cieca per l’edizione 2025 le cose sono probabilmente destinate a peggiorare.
Unpopular (?) opinion sullo street food: tanto marketing e poca sostanza, torneremo a portarci il panino da casa. Ah no, non si può introdurre cibo: scelta davvero pessima.

Piccola nota anche sull’acustica. Probabilmente la presenza di 5 palchi non permetteva scelte diverse dato che quando c’era silenzio su uno si finiva per sentire un palco vicino, ma a tratti i volumi sembravano davvero bassi o comunque molto indirizzati verso il centro del pubblico mentre in fondo e ai lati se qualcuno vicino parlava quasi copriva la musica. E a differenza di San Siro non eravamo in pieno centro abitato.

Ultimo ma non ultimo la gestione degli accessi del venerdì, con una coda infinita per l’ingresso giornaliero. Coda che fortunatamente con il nostro abbonamento ci siamo scampati, questo va detto, ed è stata sicuramente una cortesia gradita da tutti gli abbonati, ma che avrà infastidito non poco quelli che dopo una giornata di lavoro si sono ritrovati ad attendere l’ingresso già dal parcheggio.

Insomma, un festival che nonostante i 18 anni non è ancora maturo al 100%, ma che sicuramente rimane un’occasione importante per ascoltare (e scoprire) tanta musica interessante in mezzo a gente con il mood giusto di ogni età: noi alla nostra ci permettiamo qualche lamentela, altrimenti cosa si invecchia a fare?